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Il cibo e le sue regole a tavola
Piccoli accorgimenti per i bambini

 

 

Spesso quando si va a cena fuori si assistono a piccoli litigi a tavola fra genitori e bambini rispetto

a cosa prendere dal menù. Il più delle volte questo capita anche a casa, quindi al ristorante le cose

non cambiano. Che cosa si sta sbagliando? A che cosa i genitori o chi li educa non hanno fatto

attenzione? Io resto spesso sconcertata di fronte a queste discussioni, che scadono spesso in ricatti

del tipo “ se non mangi la verdura niente televisione...” e così via, dando inizio ad un circuito di

rabbia, stanchezza e piagnistei non poco da ridere. Le mamme lo sanno bene : i figli, per farle

sentire in colpa, iniziano a strillare e davanti a tante persone la figura è proprio brutta, tanto che si

cede al bambino e così il potere torna a lui. Sì : a tavola si gestisce il potere.

 

Il cibo è un grande indicatore delle relazioni familiari: ci dice chi sceglie il cibo e cosa devono

mangiare gli altri, ci dice chi si prende la responsabilità di insistere e chi di lasciar perdere, ci

dice chi ha più potere decisionale di altri e chi comanda tutti. Il bambino che fa i capricci non è

“ poverino” come tanti dicono e per questo per farlo smettere di piangere lo si accontenta, ma è

solamente un bambino viziato e chi è viziato ha molto potere decisionale sugli altri.

 

La mia domanda è : chi dà al bambino così tanto potere e gli permette di decidere per sé e per gli

altri? A chi spetta il compito di educare il piccolo? E soprattutto : perché si lascia scegliere ad un

bambino che non è ancora in grado di badare a se stesso?

Nel ciclo di vita ci sono delle tappe educative e di apprendimento ben precise da rispettare : l’età del

ciuccio, del togliere il pannolino, del parlare, ma anche delle regole da rispettare. Se queste tappe

sono saltate o si resta su un gradino al posto di salire, qualche cosa col tempo non funziona all’asilo

come a scuola. Le maestre chiamano i genitori e fanno notare loro delle criticità : quanto vengono

raccolte e quanto lasciate stare pur di non mettere in discussione il proprio ruolo da genitore?

La nostra più grande difficoltà è il giudizio : se mio figlio è un bambino cattivo, io non sono un

buon genitore; non è sempre così, ma qualche volta è vero. Quando?

 

Il tavolo è un ottimo modo per capire chi detta le regole e chi le segue, e chi sceglie di non farlo.

Quindi potrebbe essere utile comprendere come gestire i “regolamenti culinari” in modo da non

dare la responsabilità delle scelte solo al bambino. Perché di questo di tratta : i genitori che non

decidono, ma lasciano decidere al piccolo , danno responsabilità e compiti a chi non li deve ancora

avere. Come mai questi genitori lasciano tutto questo potere decisionale ai loro figli? Che cosa gli

impedisce di non decidere per loro? Questo capita spesso: ad una mia osservazione “ Ma come mai

suo figlio/a mangia wuster e patatine? Al di là che siano cibi poco proteici e molto grassi... come

mai scelgono solo loro?” E le mamme : “ Sa... sono bambini piace a loro questo cibo”. Questa

risposta mi fa un po’ inorridire: proprio perché sono bambini e non sanno ancora ciò che è sano o

meno, i genitori dovrebbero educarli al posto di accontentarli. Così facendo hanno innescato un

meccanismo di potere decisionale a catena: oggi scelgono il cibo, e domani? Io non me la prendo

con i bambini, che bene hanno già capito come manipolare i propri genitori, ma con chi dovrebbe

averne la responsabilità e la declina su di loro. Sentendosi

continuano : che la lotta educativa abbia inizio.

 

Cosa fare in questi casi? Io chiedo in primis ai genitori : “ Adesso che avete lasciato così tanto

potere decisionale nel cibo ai vostri figli , cosa pensate di fare? Togliere tutto e le cattive maniere

non sarà facile : le abitudini sono dure da modificare”. Loro sospirano, si sentono anche giudicati

e poco incisivi con le modalità proposte, e hanno ragione. Sono proprio stati questi schemi ormai

ripetuti che hanno permesso un risultato simile. Teniamo conto che queste situazioni possono anche

diventare un terreno fertile per i conflitti coi nonni, che in molte famiglie viziano i nipoti, rendendo

vane le conquiste dei genitori. Però questo è un ottimo punto di partenza : se i genitori sono stati

poco incisivi coi figli e con i rispettivi nonni, si può solo migliorare!

Da dove partire?

 

Esistono piccole regole utili per modificare le cattive abitudini alimentari. Queste regole servono

per far riprendere le decisione a chi spettano, e non far scegliere solo ai bambini. Con questo non si

deve pensare di imporre qualche cosa, ma fare in modo che il figlio non scelga sempre e comunque.

I bambini imparano molte cose osservandoci : da mamma e papà ad esempio imparano chi ha il

controllo, chi decide, chi ha l’autorità; dai ruoli di maschio e femmina che i genitori portano con

sé, essi imparano i compiti degli uomini e della donna, la sessualità, le dimostrazioni di affetto e

così via. Quindi non si tratta solo di scegliere il cibo : i bambini osservandoci hanno compreso ed

imparto molto di più. Ad esempio sanno già a chi chiedere e come un gioco nuovo: al genitore più

permissivo!E a tavola è lo stesso.

Ho trovato su un blog per bambini alcune regole che ho rivisitato per utilità specifica, ma utili per

essere usate anche in contesti diversi ( www.bimbiincucina.it).

Eccole:

 

1) Mai chiedere “cosa vuoi per cena?” , ma sostituirlo con : “ per cena ho preparato ... tu cosa

vuoi tra questi piatti? Le domande generiche, come la prima offrono la possibilità ai bambini

di scegliere sempre e solo quello che vogliono, mentre la seconda lascia spazio decisionale

al bambino, ma è il genitore che ha impostato la cena. La stessa modalità può essere usata

per i giochi, le uscite e quant’altro.

 

2) Non offrire mai all’inizio del pranzo quello che piace di più, perché fa escludere

automaticamente gli altri: in tal modo possono saziarsi e usare questa scusa per non

mangiare altro. Ciò che invece è importante sottolineare che dopo quel piatto c’è ciò che

piace al bambino, che sarà motivato a mangiare per gustarsi ciò che preferisce.

 

3) Non bisogna proporre ai bambini sempre gli stessi piatti : questo crea difficoltà quando

andranno all’asilo o a mangiare da altre persone, e non è neanche troppo salutistico. E’

invece importante far variare i cibi, che metaforicamente è come permettere ai propri figli

di fare esperienze diverse per scoprire che c’è altro oltre quello sport o attività artistica.

Aprire il ventaglio alimentare all’inizio sarà molto faticoso, soprattutto per chi cucina, ma

poi produrrà risultati importanti.

 

4) Non bisogna truffarli sugli ingredienti usati nei cibi : questo diventerà un antecedente utile

usato poi dagli stessi figli con la conseguente perdita di fiducia e il lavoro svolto andrà

perduto. Quello che è importante in questo nuovo apprendimento è la condivisione, non

l’inganno!

 

5) Una regola che i genitori fanno fatica a comprendere è l’importanza dell’uguaglianza

dei cibi tra adulti e bambini. Se abituiamo i bambini a essere diversi nel cibi nel cibo, lo

chiederanno anche in altri contesti, e il potere di scelta dei genitori farà cilecca. Sia inteso :

non stiamo parlando dell’uso del peperoncino piccante da dare a tutti, ma ad insegnare che

si può scegliere insieme e non loro per noi.

 

6) E’ importante mangiare tutti a tavola insieme, senza che i figli si alzino continuamente:

qui entra in gioco non solo una buona educazione, ma di imparare che il cibo è anche un

modo per stare insieme e da secoli ha questa funzione : si pensi alle riunioni col cibo. Esse

ci fanno comprendere come il mangiare insieme permetta di costruire legami economici e

sociali, per esempio.

 

7) E non meno importante sarebbe permettere a loro di preparare il cibo con noi, magari una

volta alla settimana, in cui possano provare a condividere anche gli ingredienti da scegliere

insieme, senza rischiare il contrario.

 

Questi accorgimenti sembrano duri e direttivi, in realtà sono commisurati alla responsabilità che

un genitore ha sul proprio figlio e non il contrario. Insegnare ed imparare insieme è un ottimo

modo per educar-si, perché si apprende sempre qualche cosa di nuovo, anche a tavola. Il cibo

è espressione di come sono le relazioni familiari e quindi è su queste che ci si deve rendere

consapevoli, oltre che del cibo di per sé.

Resta da stabilire come iniziare e sapere che non avverrà tutto magicamente: anzi, ci sarà da

litigare un po’, soprattutto se le cattive abitudini sono portate anche fuori di casa ( dai nonni, al

ristorante...). Questo cambiamento è possibile che metta in moto anche discussioni tra i partener,

generalmente scanditi da rimproveri o rabbia: “ Te lo dicevo che non doveva mangiare solo quello,

invece non mi ascolti mai..” oppure : “ Non sei capace a dargli la verdura da mangiare?”. Questi

esempi mostrano la svalutazione di un genitore verso l’altro che poco permettono un realistico

cambiamento sul cibo. Litigare fino a se stesso non serve a nessuno, tanto meno al bambino. Quindi

le discussioni sul come cambiare è importante che siano fatte nella piena consapevolezza che tutti

siamo responsabili dell’accaduto. Se ognuno con – parteciperà a questa ri- presa della responsabilità

genitoriale, il peso da portare sulle spalle non sarà solo sul bambino.

 

Questa breve riflessione è centrata sulla necessità che i genitori facciano i genitori e i figli siano

figli, non il contrario. Questa importante considerazione è spesso sottovalutata, ma comporta

gravi conseguenze educazionali, soprattutto in adolescenza. L’importante è la condivisione e la

contrattazione reciproca, che permette un maggior equilibrio tra i genitori e i figli.

 

Buon pranzo a tutti!

 

Dott.ssa Saggiamo Simona

Psicologa e Psicoterapeuta

 

SITOGRAFIA

bambiniincucina.it

 

Articolo disponibile in formato PDF